- Fantasia su tema di Antonio Mozzi
La Fantasia per organo di Giovanni Leonardo Lorenzin ha come elemento ispiratore il bel tema dell’Inno mariano di Antonio Mozzi (1864 – 1942) conosciuto con il titolo di “Ave di Monte Berico”, una delle melodie che più si cantano nel famoso Santuario vicentino durante le celebrazioni.
Il pezzo può essere idealmente diviso in tre parti: una prima di carattere toccatistico, una seconda di andamento più pacato e una terza nella quale il tema dell’Inno viene eseguito con tutti i registri dell’organo.
L’idea di “preparare” in qualche modo il “corale finale” nasce da una tradizione organistica che ha radici molto lontane ma che nell’Ottocento, soprattutto quello francese – si pensi ad esempio a César Franck – trova la sua piena attuazione. Questo modo di pensare, però, non lo si trova solamente nella musica per organo. Un esempio per tutti è evidente nella parte della Suite “The Planet” di Gustav Holst dedicata a “Jupiter” nella quale il compositore inglese prepara la celebre melodia in 3/4 facendola sentire in modo frammentato in tutta la prima parte. Questa operazione di “scomposizione” prima e di “composizione” dopo, la troviamo anche in questo bello e virtuosistico pezzo di Lorenzin.
Il suo linguaggio, saldamente ancorato alla tonalità, è sempre fresco, colorato e immediato. In più si nota una profonda conoscenza dello strumento che porta al limite massimo la difficoltà esecutiva senza però mai superarlo.
Infine il modo di “trattare” lo strumento ci permette di capire che se la presente Fantasia per organo è chiaramente un pezzo da concerto, e quindi non necessariamente destinato ai pochi spazi offerti dalla liturgia attuale, da esso traspare comunque il profumo della musica sacra. Questo dipende non solo dall’utilizzo di una melodia sacra come base compositiva ma anche, e in particolar modo, dal fatto che Giovanni Leonardo Lorenzin, ora maestro di coro, inizia gli studi musicali proprio suonando l’organo e dal suo passato di organista ha imparato a “sentire” ciò che è sacro e ciò che non lo è.
L’organo è stato il suo primo strumento e, come recita un famoso detto popolare che tutti gli organisti conoscono, “Il primo amore non si scorda mai”.
Pierangelo Valtinoni
The Fantasia for organ by Giovanni Leonardo Lorenzin has as its inspiring element the beautiful theme of the Marian hymn by Antonio Mozzi (1864 – 1942) known with the title of “Ave di Monte Berico”, one of the most sung melodies in the famous Sanctuary of Vicenza during the festivities.
The piece can ideally be divided into three parts: a first of a toccatistic nature, a second with a more calm movement and a third in which the theme of the hymn is performed with all the organ registers.
The idea of somehow “preparing” the “final chorale” comes from an organ tradition that has very distant roots but which in the nineteenth century, especially the French one – think for example of César Franck – finds its full realization. This way of thinking, however, is not found only in organ music. An example for all is evident in the part of Gustav Holst’s Suite “The Planet” dedicated to “Jupiter” in which the English composer prepares the famous melody in 3/4 making it heard in a fragmented way throughout the first part. This operation of “decomposition” first and then “composition” is also found in this beautiful and virtuosic piece by Lorenzin.
His language, firmly anchored in tonality, is always fresh, colorful and immediate. Added to this is a deep knowledge of the instrument that brings the executive difficulty to the maximum limit without ever exceeding it.
Finally, the way of “treating” the instrument makes it clear that if the present Fantasia for organ is clearly a concert piece, and therefore not necessarily intended for the few spaces offered by the current liturgy, the scent of sacred music nevertheless shines through. This depends not only on the use of a sacred melody as a compositional basis but also, and in particular, on the fact that Giovanni Leonardo Lorenzin, today maestro di cappella, began his musical studies playing the organ and from his past as organist he learned to “feel” what is sacred and what is not.
The organ was his first instrument and, as a famous popular saying that all organists know goes, “You never forget your first love”.
Pierangelo Valtinoni